venerdì 5 maggio 2017

Comunicazione e contesto

Nella vita di tutti i giorni siamo sottoposti ad una pioggia di segnali, che arrivano in vari modi e canali. Nessuno puó fare a meno di comunicare, anche appartarsi e stare in silenzio, comunica qualcosa.

Il filosofo Paul Watzlawick sostiene che tutto il nostro comportamento è comunicativo: se prendiamo a calci un sasso per strada ad es. indica che siamo nervosi.

La comunicazione verbale, non verbale, gli oggetti presenti e il contesto, incidono molto sulla relazione che si stabilisce tra due interlocutori.

Questo è oggetto di studio della pragmatica della comunicazione.

Secondo questa teoria, il contenuto e il contesto di una comunicazione sono strettamente legati tra loro. Ad es. se raccontiamo qualcosa a persone che erano presenti all’accaduto e a persone che non vi hanno preso parte, l’effetto del racconto sarà diverso tra le varie persone.

La  comunicazione inoltre risulta spesso ambigua e si presta a fraintendimenti.

Watzlawick e Gregory Bateson hanno evidenziato la circolarità della comunicazione: mentre parliamo, cogliendo le reazioni del nostro interlocutore, modifichiamo di conseguenza il nostro comportamento, questo fenomeno è chiamato feedback o retroazione.

Watzlawick insieme ad altri autori, ha definito gli assiomi della comunicazione, cioè le regole fondamentali della comunicazione.

Assiomi:

1° assioma - È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all'altro soggetto.
2° assioma - In ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i rapporti tra chi sta comunicando.
3° assioma - Le variazioni dei flussi comunicativi all'interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano.
4° assioma - Le comunicazioni possono essere di due tipi: analogiche (ad esempio le immagini, i segni) e digitali (le parole).
5° assioma - Le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che comunicano sono sullo stesso piano (ad esempio due amici), e di tipo complementare, in cui i soggetti che comunicano non sono sullo stesso piano (ad esempio la mamma con il figlio).

La comunicazione non verbale

Le parole sono accompagnate da latre forme di comunicazione, strettamente connesse tra loro.

Mentre parliamo, gesticoliamo, cambiamo espressione, sbuffiamo, ridiamo…

Le altre forme di comunicazione sono:

i movimenti del corpo: i gesti, le espressioni del viso, la postura)
fenomeni paralinguali: il riso, lo sbadiglio, il pianto.
le posizioni nello spazio (comportamento spaziale o prossemica): maggiore o minore distanza tra due persone che parlano o collaborano, indica il loro grado di confidenza e anche le maniere ritenute convenienti in una certa società.
Il comportamento spaziale è stato studiato da Edward T. Hall, che individua le distanze tra due interlocutori in rapporto alle situazioni.

Infine anche l’abbigliamento e il trucco indicano qualcosa, una persona che vuole apparire, o un’altra che vuole segnalare le proprie preferenze di vita o le idee politiche.

Le prime forme di scrittura

La scrittura prende forma dalla pittura. Sono state ritrovate nelle grotte preistoriche in Francia; delle forme di pittura che ritraggono animali.

La prima forma di scrittura che conosciamo è nata molto piú tardi, in Mesopotamia, circa 5000 anni fa, con cui è nata la possibilità di conservare memoria e documenti degli eventi nel corso del tempo.

In origine la scrittura era costituita da pittogrammi, che rappresentano cose e persone)

Nel corso dei secoli questa forma di scrittura si è evoluta e i segni scritti non hanno piú rappresentato oggetti , ma suoni.

Ad esempio il segno che rappresentava il toro (“aleph” in ebraico) ha smesso di significare il toro, ma ha iniziato ad indicare “a”.

I Fenici iniziarono ad usare questo genere di scrittura, ma era solo formato da consonanti e non da vocali.

Successivamente altri alfabeti, come quello greco, introducono i segni anche per questi suoni, le vocali. Dall’alfabeto greco deriva quello latino, il nostro.

Le teorie sulla nascita del linguaggio

Al riguardo ci sono alcune teorie che discutono sul ruolo dell’ambinete e delle componenti innate, nonché a che si rivolge il bambino, se a sé stesso o agli altri.

Burrhus Skinner sostiene che il linguaggio, e altri comportamenti, viene appreso mediante il “condizionamento operante”, cioè una serie di stimoli, reazioni e rinforzi che mantengono vivo un certo comportamento.

Per il comportamento verbale, il condizionamento operanti si basa su rinforzi selettivi di suoni forniti dall’ambiente. I bambini pronunciano spontaneamente o per imitazione, i genitori rinforzano alcuni suoni con l’approvazione. L’apprendimento del linguaggio è quindi legato alla socializzazione.

Questa teoria considera peró il bambino come un organismo vuoto. Secondo Noam Chomsky è importante l’imitazione e il rinforzo, ma da soli non bastano: bisogna ipotizzare che ci sia una capacità innata di comprendere la lingua madre e di riprodurla.

Secondo Jean Piaget il bambino impara nella fase dell’”egocentrismo infantile”, quando cioè è concentrato su sé stesso e quindi fa monologhi.

Secondo Lev Vygotskij invece il percorso è opposto: dapprima nasce il linguaggio comunicativo con le persone e dopo si sviluppa il linguaggio interiore.

L'apprendimento del linguaggio

Il linguaggio è una facoltà complessa e quindi il bambino impara a parlare lentamente.

Passa molto tempo prima che il bambino impari a modulare correttamente i suoni e a selezionare quelli della lingua del paese dove vive.

Fasi della sviluppo del linguaggio:

alla nascita il bambino pronuncia solo due tipi di suoni semplici: suoni vegetativi (singhiozzi e starnuti) e suoni vocali (come gemiti e gridi). Successivamente iniziano le vocalizzazioni.
verso i due mesi inizia il verso tubare, che sono suoni simili alle consonanti
verso i 5-6 mesi inizia la fase della lallazione, cioè la ripetizione di più sillabe (ma-ma o pa-pa) e probabilmente sta facendo esercizi.
le prime parole il bambino le pronuncia intorno ai 12 – 18 mesi, fase del linguaggio olofrastico, costituito da singole parole che racchiudono un’intera frase.
tra 18 mesi e i 24 arrivano le fasi binarie, costituite da 2 parole (es. bimbo nanna)
tra 24 e 30 mesi il bambino pronuncia frasi di 3 parole, chiamate frasi telegrafiche, perché sono brevi.
tra 2 e 6 anni vengono compiuti grandi progressi, sia per le parole imparate che per l’uso della grammatica. Questa fase è detta dell’ipercorrettismo, cioè l’uso della regola corrente anche nell’eccezione (ad es il bambino il plurale di dito, dice diti e non dita). In questa fase il bambino ha fatto grande progressi, fonetici (suoni), morfologici (l’uso delle parole) e semantico (il significato delle parole).
L’apprendimento del linguaggio ha una fase critica che va dalla nascita a 11 anni, in questo periodo devono essere poste le basi del linguaggio, altrimenti si determina un handicap nel linguaggio.

Il linguaggio verbale

Il linguaggio verbale è una caratteristica del genere umano ed è complesso.

Il linguaggio umano è appreso ed è in continua evoluzione, per ciascuno di noi nel corso della nostra vita, ma anche nel corso dei secoli le nuove lingue subiscono modificazioni.

Il linguaggio umano può riferirsi a oggetti astratti, facendo uso di simboli e concetti

Le parole sono composte da combinazioni di suoni, resi possibili dalle corde vocali e dall’area cerebrale dedicata al controllo del linguaggio.

Il suoni elementari, chiamati fonemi, sono le singole vocali e consonanti. I primi raggruppamenti di fonemi, costituiscono i morfemi. La parole sono raggruppamenti di piú fonemi e le frasi riuniscono più parole in unità superiori dotate di significato.

La sequenza sonora delle parole rappresenta la struttura superficiale, mentre il significato è la struttura profonda delle frasi.

Il passaggio dal pensiero alla sua espressione è reso possibile dall’applicazione delle regole di trasformazione, cioè l’uso della grammatica, per poter essere comprese.

Le funzioni del linguaggio

Jakobson ha studiato anche le funzioni del linguaggio, distinguendole per ciascuno degli elementi della comunicazione.

Dopo una conversazione, le emozioni che si provano, si esprimono con parole che hanno o una funzione poetica o espressiva.

La struttura della comunicazione

La comunicazione dipende da alcuni fattori: chi parla o scrive e chi ascolta o legge.

Ma si può comunicare anche in altri modi: suoni, gesti, espressioni, immagini, colori, odori.

A tutti questi segni viene attribuito un significato che viene condiviso da un determinato gruppo: ad es. nelle regole del calcio un fischio dell’arbitro indica l’inizio della partita, tre fischi invece la fine.

Per comprendere gli elementi della comunicazione verbale si puó adottare il modello russo Roman Jakobson. Secondo questo modello il mittente trasmette un messaggio a un destinatario o ricevente.

Il mittente codifica il messaggio, organizza cioè le informazioni secondo le regole scelte e il ricevente lo decodifica, cioè lo interpreta sulla base dello stesso codice.

Entrambi quindi sfruttano un canale (voce ad es. e l’aria).

Il messaggio riguarda un determinato oggetto (il referente) e viene rivolto in una determinata situazione di comunicazione (ad es. faccia a faccia, via lettera, al telefono...) e ne costituisce il contesto.

A volte la comunicazione incorre in qualche ostacolo, ad es. c’è un rumore che disturba chi ascolta. Inoltre è possibile che il destinatario fraintenda il messaggio o perché non si assegna lo stesso significato o perché non c’è sintonia tra la codificazione e la decodificazione del messaggio.

Che cos'è la "comunicazione" e perché si comunica

La comunicazione è uno scambio di messaggi.

Tutti gli esseri viventi comunicano tra di loro con mezzi molto diversi: la voce, i gesti, la postura del corpo, i movimenti e il rilascio di sostanze chimiche, ecc.

La comunicazione è fondamentale per l’adattamento all’ambiente di ciascun essere vivente.

“Comunicare” deriva dal latino “communico” e significa “mettere in comune”, quindi condividere informazioni, emozioni, esperienze. Il termine condividere passa al significato di trasmettere.

Nell’uomo la comunicazione è complessa, perché deve trasmettere informazioni complicate e articolate.

La nostra cultura, il linguaggio, le norme di comportamento, abitudini, valori ecc, è trasmessa alle generazioni attraverso molte forme di comunicazione.

Queste sono: i racconti, i discorsi, l’esempio dei genitori e insegnanti, i libri, i giornali, i mezzi di comunicazione di massa (internet, TV, radio).

Per gli esseri umani comunicare è un’esigenza quotidiana e richiede competenze che si sono sviluppate nel corso della vita di ciascuno.

Che cosa significa comunicare?

La comunicazione segue molte strade.

I modi di comunicare sono strettamente legati al “mezzo” scelto per esprimere un messaggio, ad es. attraverso colori, immagini, suoni, una lettera, ma non solo.

Le conoscenze comunicative devono essere condivise e sono fondamentali per una corretta comunicazione.

Ad esempio il semaforo rosso indica che bisogna fermarsi, se invece del colore rosso ci fosse una lunga frase, il messaggio di alt non sarebbe immediato.

Comunicare è un’azione comune, ma non è facile e scontata, richiede una conoscenza consapevole delle “regole” della comunicazione.

mercoledì 29 marzo 2017

Il condizionamento operante di Skinner

I casi analizzati da Pavlov è Watson sono riflessi e comportamenti rispondenti, cioè risposte passive, con cui si apprendono nuove capacità.
Lo psicologo statunitense Burrhus F. Skinner ha ripreso e organizzato in modo più complesso le teorie di Watson e Pavlov per capire come si acquisiscono le nuove capacità.
Skinner si è occupato dei comportamenti operanti, che costituiscono la maggior parte dei comportamenti quotidiani.
Spesso essi sono basati su una sequenza di azioni,  che dobbiamo imparare  a svolgere nell'ordine giusto.
Egli utilizzò una Skinner box.
Un piccione o un ratto per mangiare devono abbassare una levetta a caso. Quindi l'animale è condizionato a premere di nuovo la levetta per mangiare.
Questo apprendimento si chiama apprendimento per rinforzo e si basa su premi e punizioni: rinforzo positivo (riceve il cibo), rinforzo negativo  (Non riceve cibo).
Questo processo di condizionamento si chiama operante o strumentale e può scomparire i ripresentarsi a seconda dei casi: se abbassando la levetta l'animale non riceve più il cibo,  smetterà di farlo (estinzione dell'operante). Ma se il cibo verrà dato di nuovo, il comportamento rinforzante si ripresenta, perché conservato in memoria. Quindi non si deve solo riapprendere,  ma anche ricordare.
Da ciò Skinner ha concluso che il comportamento è il frutto di un modellamento operato dall'ambiente,  quindi è una forma di ambientalismo.

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Il comportamentismo di Watson

I risultati ottenuti da Pavlov sono stati applicati dallo psicologo statunitense John Watson.
Dai suoi studi è nato il comportamentismo, secondo cui il comportamento è  il frutto di un condizionamento dell'ambiente: noi impariamo ad associare una certa risposta ad uno stimolo ricevuto.
Watson nega ogni importanza ai fattori innati e predisposizioni biologiche.
Oltre che sugli animali fece esperimenti di comportamento anche su bambini  (eticamente discutibili).
Famoso è l'esperimento sul bambino Albert che mentre giocavamo con un topolino bianco, veniva spaventato da un forte rumore.
Albert grida di fronte ad ogni topolino bianco. In seguito si spaventa per ogni animale dal pelo bianco o oggetti lanosi e bianchi.
Sulla base di ciò l'apprendimento è un processo automatico che si sviluppa senza consapevolezza da parte del soggetto: sono quindi comportamenti meccanici, frutto dell'abitudine, attivate da stimoli.
Questo pensiero e definito ambientalista, perché  la natura degli esseri viventi sarebbe plasmata dallesituazioni in cui vivono.

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L'esperimento di Pavlov

Allo studio dei riflessi appresi (o riflessi condizionati), ha dato impulso il fisiologo russo Ivan Pavlov.
È famoso il suo esperimento sulla salivazione del cane:
- Pavlov suona il campanello e il cane non saliva
- successivamente dà al cane una porzione di carne e come risposta naturale, il cane inizia a salivare
- Pavlov associa quindi somministrazione del cibo e suono del campanello: ogni volta che il cane riceve il cibo, aziona il campanello
- da quel momento, per un certo periodo, il cane saliva al solo suono del campanello, senza ricevere cibo.
Il cane è stato quindi condizionato a rispondere ad uno stimolo che originariamente non produceva la salivazione.
Questo di tipo di risposta è un riflesso condizionato, cioè è stato appreso attraverso uno stimolo e una risposta.
Diverso è il riflesso incondizionato, che è una risposta innata e naturale.
Gli studi di Pavlov hanno dimostrato che il cervello i comportamenti non solo sociali, ma anche fisiologici, cioè del corpo.
Inoltre emergono altri 2 risultati:
- la generalizzazione, cioè l'estensione di una certa risposta a stimoli diversi, ma simili a quelli che l'hanno provocata in origine.
- l'estinzione, cioè la risposta condizionata scompare se dopo un po' di volte al suono non è più associato il cibo.
Il fenomeno scoperto da Pavlov è chiamato "condizionamento classico" ed è una forma semplice di apprendimento.
Quindi si può dire che, l'apprendimento è la modificazione del comportamento, la comparsa di una risposta nuova di fronte a sollecitazione dell'ambiente.

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I riflessi innati

L’apprendimento è il mezzo con cui gli esseri umani imparano le proprie conoscenze e sviluppano le proprie capacità. A differenza di molti animali, gli essere umani nascono quasi del tutto privi di conoscenze innate: ad esempio una gazzella è in grado di correre giá poche ore dopo la nascita, un bambino invece compie i suoi primi passi dopo un anno di vita.
Le poche conoscenze istintuali di un neonato sono riflessi innati, cioè risposte fisiologiche, non apprese, a uno stimolo.
Alcuni riflessi fondamentali sono per la nutrizione, quali il riflesso di suzione, il riflesso di ricerca, per mangiare dal seno della madre.
Alcuni riflessi hanno una funzione protettiva: chiudere gli occhi quando sente un forte rumore o vede una luce intensa e lo stimolo di chiudere la manina (riflesso di prensione).
Alcuni riflessi non sono chiari, riflesso di marcia e il riflesso di Moro (quando il bimbo è lasciato cadere di pancia in su, spalanca le braccia come reazione di spavento.)
Molti riflessi innati, regrediscono durante i primi mesi di vita.
Nel corso degli anni gli esseri umani sviluppano altri riflessi per mezzo dell’apprendimento, che diventeranno risposte automatiche di fronte a certi stimoli.

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Leggere la mente degli altri è possibile?

Con la comparsa agli inizi degli anni ’70 della TAC, si poterono risolvere facilmente dilemmi diagnostici neurologici.
Negli anni successivi con la MRI (Risonanza magnetica nucleare) aumentò la possibilità degli studi strutturali del cervello, senza rischi per i cervelli sani.
Si poté studiare il cervello al lavoro e si confermò che ogni evento (percepire, credere, imparare, riflettere, valutare, scegliere. Ricordare, pregare, rimpiangere, disprezzare ecc.) è correlato all’attivazione di aree cerebrali.
Le ricerche utilizzano la visualizzazione del cervello con TAC e risonanza magnetica associate a tecniche non invasive di misurazione diretta o indiretta dell’attività del cervello.
In questo modo non si legge la mente, ma si legge l’attività del cervello.
Quindi non si può leggere la mente delle persone, il pensiero ha un contenuto che nessuna tecnica più aggiornata può leggere.

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Perché vediamo il mondo a colori?

Vedere i colori richiede che lunghezze d’onda diverse siano tradotte in risposte neuronali diverse, risposte identiche a tute le lunghezze d’onda, comporterebbero la visione in bianco e nero. Questa risposta ai colori è propria dei mammiferi marini come balene e foche, che vedono in bianco e nero.
La maggioranza degli altri mammiferi, anche il cane, gatto e quasi tutte le scimmie, hanno una visione del mondo dicromatica.
Alla coppia di colori “bianco e nero” si aggiunge la coppia “giallo e blu”. Il cane per esempio ciò che l’uomo vede blu, anche lui lo vede blu, ma ciò che è rosso o verde per l’uomo, lui vede solo gradazioni di giallo.
Le scimmie e l’uomo, hanno evoluto la visione tricromatica, cioè la capacità di distinguere anche il rosso e il verde.
Il pesce rosso ha sviluppato la visione tetra cromatica, cioè 4 copie di colori.
Lo sviluppo dei colori nei primati è dovuto alla necessità di distinguere il cibo, é più facile trovare da mangiare in un mondo a colori che non in bianco e nero.
-Il colore è dovuto alla capacità di certi raggi di produrre determinate risposte nel nostro sistema nervoso (il pomodoro non è rosso, ma produce una reazione al nostro sistema nervoso, che ce lo fa definire rosso)
-I primati, le scimmie e l’uomo, hanno una visione a colori e binoculare: gli occhi sono posti vicini e in fronte, in modo da avere la percezione della distanze in maniera tridimensionale.

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Comunicazione e contesto

Nella vita di tutti i giorni siamo sottoposti ad una pioggia di segnali, che arrivano in vari modi e canali. Nessuno puó fare a meno di comu...